Rifugiati e richiedenti asilo

Per un periodo della mia professione ho lavorato con rifugiati e richiedenti asilo.

Quelli che ho incontrato per la maggior parte erano fuggiti dai loro paesi dove avevano subito violenze e soprusi, avevano vissuto lutti traumatici e minacce alla vita. Molti di loro portavano i segni di forte stress e traumi irrisolti e rispondevano ai criteri del Post Traumatic Stress Disorder.

Lavorando sui loro traumi con l’EMDR, notavo che la desensibilizzazione avveniva in alcuni di loro esclusivamente con l’emergere di sensazioni nel corpo, di immagini, in altri, di figure spaventose dell’infanzia, legate alla cultura d’origine, o di entità o simboli della religione di appartenenza. Ho dovuto considerare maggiormente gli aspetti corporei e a volte incoraggiare a disegnare per esprimere quello che non era possibile dire. C’erano aspetti dissociativi, attesi, ma lo spegnersi di alcuni era più sconcertante: in quel periodo si cominciava a parlare di reazioni vagali, che si aggiungevano a quelle di fuga, lotta e congelamento quali reazioni possibili al trauma.

Poi c’era il Posto al sicuro, fantasia guidata basata su ricordi positivi della persona, utilizzata nell’EMDR come risorsa. Il ricordo apriva ad immagini di celebrazioni familiari ricche di colori, suoni, buoni cibi, o della mamma amorevole che svegliava lui bambino alla fine del Ramadan per offrigli la colazione con il dolce della tradizione.

In quel periodo frequentavo, in un gruppetto di ragazzi appassionati di manga, le lezioni di fumetto di Cristian Polizzi, che per due anni ci fece partecipare ad un contest di fumetti legati al malessere psicologico. Io avevo dentro le storie dei rifugiati, e a quelle mi sono ispirata.

Essere insieme è speranza

Guarda il fumetto

Testa calda cuore freddo

Guarda il fumetto